Maturità/1. Si cambia
Con ogni probabilità la "maturità" (come tutti insistono a chiamarla) del 2006
sarà l'ultima della serie, inaugurata da Letizia Moratti nel 2002, che ha visto
gli insegnanti delle ultime classi delle scuole statali e paritarie costituirsi
in commissari d'esame di fronte ai loro stessi allievi.
Dopo cinque edizioni di questo modello di esami (o meglio di commissioni
esaminatrici), non si trova praticamente più nessuno che ne difenda l'idea
ispiratrice - a suo tempo suggerita da Giuseppe Bertagna, superconsulente della
Moratti - che soltanto gli insegnanti che hanno seguito gli allievi in classe
sono in grado di valutarli correttamente. Nella più benevola delle ipotesi, chi
sostiene ancora questo modello d'esame ne riconosce la sostanziale inutilità, e
caso mai propende per l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
E neppure in viale Trastevere, tra gli addetti ai lavori, si trovano difensori
della maturità "Moratti style".
Il colpo di grazia alla credibilità dell'esame è stato dato dalla crescita
esponenziale, documentata da "Tuttoscuola", dei candidati privatisti che a
partire dal 2002 si sono presentati agli esami chiedendo di sostenerli nelle
scuole paritarie, e dall'altrettanto crescente numero di "ottisti" (candidati
che saltano l'ultimo anno per merito, avendo conseguito la votazione di otto
decimi in tutte le discipline del penultimo anno) registratosi nelle stesse
scuole. Come in economia, anche qui la cattiva moneta scaccia quella buona. E le
conseguenze, sia in economia che in educazione, sono le stesse: negative.
26 giugno 2006 |