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CONSIGLIO DI STATO Sezione VI
Sentenza 18 aprile 2007 n. 1780

 

Gli invalidi civili perdono il diritto alla precedenza nelle assunzioni se accettano contratti di lavoro della durata di 4 mesi e oltre

FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tar della Campania ha accolto il ricorso proposto da G. S. avverso il mancato riconoscimento della riserva N di invalida civile ex lege 68\1999 nell'ambito dei seguenti atti:

- della graduatoria permanente definitiva dei docenti di scuola materna - terza fascia- per gli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007 (Provincia di Caserta);

- della graduatoria permanente definitiva dei docenti di scuola elementare - terza fascia- medesimi anni scolastici (Provincia di Caserta);

- dell'elenco definitivo graduato dei docenti in possesso di titolo di specializzazione per l'insegnamento a minorati psicofisici di scuola elementare - terza fascia- medesimi anni scolastici (Provincia di Caserta) nella parte in cui non attribuiscono alla ricorrente la riserva "N" di invalida civile ex lege 68/1999;

- dell'elenco dei riservisti della graduatoria permanente definitiva dei docenti di scuola materna - terza fascia - medesimi anni scolastici (Provincia di Caserta) nella parte in cui non attribuiscono alla ricorrente la riserva"N" [1]e la preferenza "S" [2] di i nvalida civile ex lege 68/1999[3];

- dell'elenco dei riservisti della graduatoria permanente definitiva dei docenti di scuola elementare - terza fascia - medesimi anni scolastici (Provincia di Caserta) nella parte in cui non attribuiscono alla ricorrente la riserva "N" e la preferenza "S" di invalida civile ex lege 68/1999.

L'adito Tribunale premette che l'Amministrazione scolastica negava a parte ricorrente il beneficio di cui alla riserva c.d. "N" quale invalida civile, sul presupposto della mancata sussistenza dello stato di disoccupazione, al momento della domanda di partecipazione al concorso.

Tuttavia un tale assunto non tiene conto che - con l'entrata in vigore della legge n. 68 del 13.3.1999 (che ha esplicitamente ed integralmente abrogato le disposizioni di cui alla legge 2.4.1968, n. 482) - ai fini delle assunzioni di disabili nelle pubbliche amministrazioni attraverso procedure concorsuali, il predetto stato non è più richiesto, né al momento dell'assunzione e neppure in quello anteriore della presentazione della domanda.

Al riguardo la legge n. 68/99, all'a. 16 comma 2, prevede che "i disabili che hanno conseguito l'idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti ... anche se non versino in stato di disoccupazione", innovando così, rispetto alle disposizioni contenute nella precedente legge n. 482/68, che attribuiva il beneficio sotto espressa condizione dello stato di disoccupazione.

La nuova disposizione, dopo alcune oscillazioni iniziali, è stata interpretata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (decisione della Sezione VI n. 1271/2003), nonché dalle sezioni consultive (parere della Sezione Seconda 19 gennaio 2005, n. 3615) nel senso che, seppure non sussiste più l'esigenza dello stato di disoccupazione al momento del conferimento della nomina (assunzione), in mancanza di esplicita previsione, permarrebbe la necessità di documentare lo stato di disoccupazione anche per il personale scolastico al momento della presentazione della domanda per partecipare sia ai concorsi ordinari, sia alle graduatorie permanenti. In questo caso, ai fini della configurabilità dello stato di disoccupazione, da alcuni si afferma che la supplenza annuale o quella superiore ai quattro mesi fanno escludere lo stato di disoccupazione, mentre la sezione consultiva nel parere da ultimo citato ha concluso che non possono essere individuate soluzioni aprioristiche, occorrendo verificare caso per caso se la supplenza sia assistita o meno da carattere di stabilità.

Ritiene il Collegio che le tesi esposte, sia pure autorevolmente sostenute, non possano essere condivise, in quanto la interpretazione su cui si basano è ancorata ad una lettura riduttiva della norma, che non trova aggancio né nel dato testuale, né in quello logico-sistematico della disposizione a tutela del diritto al lavoro dei disabili.

Riepilogando, gli argomenti su cui si fonda l'interpretazione del giudice di appello sono i seguenti:

- quello tratto dal tenore letterale dell'articolo 7 comma 2 della legge 68/1999;

- quello tratto dalla sentenza della Corte Costituzionale sull'a. 12 legge 482/68 (n. 88/1998);

- quello tratto dal regolamento di attuazione della legge n. 68/99 (DPR 333/2000);

- quelli in ultimo basati su pretese finalità della legge.

Il Tribunale si è soffermato su ciascuno di tali argomenti, confutandoli con diffuse argomentazioni, ed ha accolto il ricorso.

Appella l'Amministrazione deducendo i seguenti motivi:

Violazione di legge

La sentenza del Tar è frutto di un'erronea interpretazione dell'art.16, comma 2, della legge n.68\99 , disciplinante solo ed esclusivamente il momento dell'assunzione, presso le p.a., delle persone disabili che abbiano conseguito l'idoneità nei concorsi pubblici. A conforto di richiama la giurisprudenza di Tar e del Consiglio di Stato ormai consolidata nel senso che la norma di cui all' art.16 della legge n.68 del 12 marzo 1999, prescinde dallo stato di disoccupazione ai fini dell'assunzione, ma va conciliata con l'art.7, comma 2, s.l., che tale requisito richiede e presuppone, onde non sussiste il diritto del disabile, in quanto tale, e non in quanto disabile inoccupato, ad essere incluso nella quota riservata dei posti concorsuali, qualora non fosse disoccupato al momento della partecipazione al concorso.

Il Tar sembra non considerare che il momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso e quello dell'assunzione in ruolo costituiscono in realtà fasi attinenti a due diversi ed autonomi procedimenti amministrativi, che seppur temporalmente connessi, risultano giuridicamente distinti, attinenti l'uno alla procedura che termina con la pubblicazione della graduatoria di merito, l'altro alla nomina in ruolo che si conclude con la stipula del contratto a tempo indeterminato tra l'Amministrazione e il docente utilmente collocato nella graduatoria. Con riferimento al momento relativo alla presentazione della domanda di partecipazione al concorso trova applicazione l' art.8, comma 1, della l.n.68\99. La prevista iscrizione negli elenchi di cui all'art.8 della legge n.68\99 si configura come provvedimento di accertamento ad effetti costitutivi, dato che essa soltanto modifica la condizione di invalido integrandola ed arricchendola della titolarità a fruire del beneficio della riserva dei posti che rimane, anche con la nuova normativa, de tutto distinta dalla semplice preferenza a parità di merito in favore delle persone disabili. E ciò in relazione al fatto che per poter usufruire del diritto alla riserva dei posti, come sancito dalla l.68\99, occorre presentare al momento della domanda di partecipazione al concorso apposita documentazione attestante l'avvenuta iscrizione negli elenchi dei disabili disoccupati di cui al citato art.8 della legge, laddove la preferenza a parità di merito è riconoscibile a fronte della sola presentazione della documentazione medica attestante l'invalidità civile. Diversamente opinando tutti gli invalidi civili, per il solo fatto di essere riconosciuti tali, beneficerebbero del diritto alla riserva dei posti, indipendentemente dall'inserimento negli elenchi dei disoccupati, e in contrasto con quanto tassativamente previsto dalla legge n.68\99. nella distinta ed autonoma procedura di stipula del contratto con conseguente assunzione del candidato, trova invece applicazione l'art.16 della stessa legge, che, come conferma la richiamata giurisprudenza, non richiede più la sussistenza dello stato di disoccupazione del disabile al momento dell'assunzione in ruolo. In tal senso si è espressa la Circolare ministeriale 7.11.2000, n.248, laddove ha richiamato la nuova normativa da applicare nella procedura di assunzione, autonoma e distinta rispetto alla procedura concorsuale nell'ambito della quale va riconosciuto il diritto alla riserva dei posti per le persone disabili.

Si è costituita parte ricorrente in primo grado deducendo:

Inammissibilità. Irricevibilità, nullità e improcedibilità per violazione dell'art.345 c.p.c., per difetto di specificità dei motivi, per intervenuta acquiescenza e per carenza di interesse.

L'appellante ha notificato due atti di appello identici, in data 18.4.06 e 27.4.06, effettuando poi il deposito, non si sa di quale dei due, solo in data 25.5.06. Da ciò l'inammissibilità, improcedibilità e nullità di entrambi i ricorsi, perché diversamente ritenendo si aggirerebbe il termine di decadenza previsto per il deposito dell'appello notificato. Inoltre, l'unico motivo posto a fondamento del gravame è stato avanzato per la prima volta in appello e non era tra le eccezioni sollevate in primo grado dall'Amministrazione, non essendo ricavabile dalle memorie e documentazione depositate davanti al Tar, e non trattandosi di eccezione rilevabile d'ufficio, con violazione dell' art.345, commi 1 e 2, c.p.c.

Nullità ed infondatezza nel merito dell'appello.

I. Si contesta l'interpretazione prospettata in appello, richiamante precedenti pronunce del Consiglio di Stato, sulla base di quanto dedotto in primo grado e condividendo le motivazioni della sentenza impugnata, presenti peraltro in altre pronunce del C.d.S., a confutazione della lettura restrittiva della norma che non trova aggancio né nel dato testuale, né in quello logico-sistematico delle disposizioni a tutela del diritto al lavoro dei disabili. Si richiama il parere della II Sezione del 13.12.2000. Si ribadisce la correttezza delle argomentazioni utilizzate nella sentenza appellata, riportate nei passaggi salienti.

Viene inoltre proposto appello incidentale avverso la parte della sentenza impugnata che ha ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi di gravame formulati in primo grado, che vengono integralmente riproposti:

I. Sarebbe irrilevante che la ricorrente non abbia prodotto il certificato attestante l'iscrizione negli elenchi degli invalidi disoccupati tenuti dagli uffici provinciali del lavoro, non essendo ciò richiesto né dal bando di concorso né dall'allegato 5 allo stesso, laddove il certificato di invalidità prodotto dalla stessa ricorrente, di cui neppure c'era bisogno, avendo già avuto il riconoscimento della riserva nella precedente graduatoria, attestava la sua invalidità civile; la dizione contenuta nella sezione H del modello 1 allegato al bando, se ritenuta idonea a costituire un ulteriore requisito non previsto nelle disposizioni specifiche del bando stesso, comporterebbe la sua illegittimità e non troverebbe fondamento positivo nelle norme di legge, contrastando sia con la disciplina generale di favore accordata alle categorie protette, sia con la ratio della disciplina concorsuale.

Sarebbe incompresibile in caso contrario la ragione per la quale è stata attribuita all'appellata la preferenza S, relativa all'invalidità civile, presupponente tutti gli altri requisiti necessari ed identici a quelli richiesti ai fini dell'attribuzione della riserva N, risultando così un'inspiegabile contraddittorietà e disparità di giudizio nell'operato dell'Amministrazione. Il Consiglio di Stato ha anche condiviso l'interpretazione della legge data dal Tar anche se in successiva pronuncia si è espresso in senso parzialmente difforme ritenendo la denegata necessità, al fine di usufruire dei benefici di legge, dell'iscrizione negli elenchi degli invalidi in stato di disoccupazione.

Tale successiva sentenza non è comunque applicabile al caso di specie, poiché il caso considerato riguardava la possibilità che potesse "usufruire della riserva di posti, nel concorso pubblico, la candidata che, nella qualità di invalida civile, abbia già fruito dell'assunzione obbligatoria presso altra amministrazione alle cui dipendenze presta già da tempo stabilmente servizio. Il requisito della disoccupazione va invece necessariamente inteso come assenza di rapporto a tempo indeterminato. Parte appellante non è titolare di alcun contratto a tempo indeterminato ma è stata solo avviata la lavoro attraverso il conferimento di incarichi temporanei da parte della stessa amministrazione, Né ha mai goduto del beneficio della riserva per l'assunzione a tempo indeterminato presso la stessa od altra amministrazione. Ella ha dichiarato infatti con autocertificazione di non poter essere iscritta negli elenchi degli invalidi disoccupati perché insegnante con contratto a tempo determinato fino al 30.6.2005, e l'ufficio del lavoro le ha negato l'iscrizione proprio in base a tale circostanza; venuto meno detto rapporto a tempo determinato lo stesso ufficio ha concesso l'iscrizione che, dovrebbe però esser cancellata in caso di accettazione di nuova supplenza. Affermare che il personale che riesce ad ottenere un incarico per buona parte dell' a.s. non abbia diritto a beneficiare della riserva di posti per aver raggiunto una certa stabilità lavorativa contrasta con la realtà dei fatti, con lo spirito della legge e suscita perplessità, se si pensa che a quello stesso personale si fa riferimento come "al problema del precariato della scuola", acuito dall'entrata in vigore della l.n.143\04, per cui, con l'introduzione di nuovi titoli di accesso specialistici, le graduatorie permanenti, specie di terza fascia, non sono più regolate da una tabella di valutazione dei titoli consolidatasi nel tempo, ma da una nuova e innovativa, che ha mutato radicalmente le posizioni degli aspiranti inseriti nelle stesse graduatorie, facendo venir meno anche la probabile continuità nella fruizione delle supplenze. Un docente potrebbe rifiutare gli incarichi conferiti nel periodo precedente all'aggiornamento della graduatoria permanente per precostituirsi lo status di disoccupazione al fine di usufruire del beneficio della riserva. Dalle graduatorie impugnate risulta che molte riserve N sono state conferite anche a concorrenti in possesso di un elevatissimo punteggio in ordine al requisito di servizio, cioè agli anni di insegnamento prestati. Ciò sarebbe possibile solo in presenza di circostanze fortunose o preordinate che sicuramente non rispecchiano la "ratio" della l.n.68\1999. La sentenza del Consiglio di Stato non ha dunque preso in considerazione l'ipotesi di un concorrente che fosse occupato a tempo determinato nella stessa amministrazione che ha indetto il concorso e per tale motivo non potesse essere iscritto negli elenchi dei disabili disoccupati.

Si aggiunga che l'art.8 bis della l.n-186\2004 ha previsto l'applicazione delle riserve di posti previste dalla l.n.68\1999 alle procedure concorsuali previste dall'art. 29 del D.lgs 165\200, ivi incluse quelle per il conferimento degli incarichi di presidenza di durata annuale, nell'ambito della scuola, riconoscendo l'applicazione della riserva a procedure concorsuali riservate a personale già in ruolo a tempo indeterminato. Se si ritiene che ai fini della determinazione degli aventi diritto ad assunzione in forza di riserva, si debba adottare il criterio dell'unicità delle fasce delle graduatorie permanenti, risulta ancora più assurdo richiedere lo stato di disoccupazione: ne conseguirebbe, infatti, che i primi aventi titolo a riserva non potrebbero mai fruire di tale diritto, perché quasi sempre destinatari di contratti di supplenza per l'intero a.s., rimanendo precari a vita, mentre candidati riservisti, collocati in posizioni sfavorevoli all'interno delle graduatorie per i pochi titoli posseduti, non maturando diritto ad assunzioni a tempo determinato, riuscirebbero ad ottenere l'incarico a tempo indeterminato. Lo stesso parere del C.d.S. 11616\2004, pare affermare che lo stato di disoccupazione viene meno solo in presenza di un rapporto di lavoro caratterizzato da tendenziale stabilità e continuità e che, con riguardo alle supplenze, per nessuna delle tre tipologie, per l'intero a.s., fino al termine delle attività didattiche, e temporanee, si prevede una sorta di stabilità di fatto.

Non si vede la ragione logica di quanto richiesto dal modello di domanda, cioè di dimostrare lo stato di disoccupazione "all'atto della prima inclusione in graduatoria permanente ovvero all'atto del presente aggiornamento". Chi come la ricorrente non fosse già invalida all'atto del primo inserimento e lo fosse diventata dopo, perché dovrebbe essere penalizzato rispetto a chi, anche per mera sorte, si sia trovato in stato di disoccupazione solo all'atto dell'attuale aggiornamento?

II. Nella denegata ipotesi in cui il Consiglio di Stato dovesse ritenere le norme della l.n.68\1999, preclusive del riconoscimento della riserva N, si solleva questione di illegittimità costituzionale delle stesse norme, artt.7, 8, 16 e 18) stante il loro palese contrasto con l'art.38 Cost. e con alte disposizioni costituzionali immediatamente precettive, quali gli artt.3, 4, 51 e 97 Cost.

Nel caso di specie non vi è alcuna razionale giustificazione per la differenziazione legislativa tra la situazione della ricorrente rispetto ad altri colleghi che, per mera avventura o fortunate coincidenze, si trovano ad avere concessa la riserva negata alla ricorrente pur essendo quest'ultima disabile allo stesso modo dei colleghi. Ciò è reso ancor più evidente rispetto al caso di un collega che si fosse iscritto per la prima volta in graduatoria, magari neoabilitato, e che, per il proprio stato di disoccupazione inevitabile, si trovasse a beneficiare di una riserva che gli potrebbe consentire l'immissione in ruolo con preferenza rispetto alla ricorrente che è ugualmente disabile, ma, in più, da tempo precaria ed in possesso di un punteggio di gran lunga superiore. Ulteriore illegittimità della legge deriverebbe dalla ingiustificata equiparazione tra chi, lavorando a tempo indeterminato, ha raggiunto una vera stabilità lavorativa, e chi, come la ricorrente, riceve solo incarichi a tempo indeterminato, precaria in quanto priva di stabilità.

In violazione del principio di uguaglianza di cui all'art.3 e del principio di accesso ai pubblici uffici in condizioni di parità, non si riesce a trovare alcuna motivazione razionale per giustificare la scelta di consentire l'acceso al ruolo statale tramite il beneficio della riserva a condizioni assolutamente discriminatorie tra i vari candidati o lasciate completamente al caso e all'alea di scelte azzardate. La legge interpretata nel senso voluto dall'amministrazione, sarebbe in contrasto con gli artt.3, 4, 51 e 97 Cost., coi principi di uguaglianza e parità di accesso al lavoro pubblico, di concorsualità, di parità di trattamento e di buon andamento ed imparzialità della p.a., nonché con l'art.38 che impone una disciplina legislativa che favorisca e non penalizzi il disabile nell'avviamento al lavoro.

III. E' vero che le graduatorie concorsuali sfuggono all'obbligo di motivazione, ma nel caso di specie, appariva necessario che, ai fini della legittimità della graduatoria, l'Amministrazione avesse indicato, anche solo in epigrafe al decreto di pubblicazione come sempre avviene, i presupposti di fatto e di diritto della mancata attribuzione della riserva N e della preferenza S, incorrendo altrimenti nella violazione dell' art.3 della l.n.241\90. Appare nel caso frustrata l'essenza stessa della norma che, oltre a realizzare i principi di trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa, è stata dettata per consentire al destinatario del provvedimento di esercitare il diritto di difesa costituzionalmente garantito. A ciò si aggiunga la contraddittorietà tra la mancata attribuzione della riserva N ed il riconoscimento della preferenza S che sono eziologicamente riconducibili all'esistenza di identici presupposti sostanziali.

IV. Gli atti impugnati sono viziati da molteplici profili sintomatici di eccesso di potere. Anzitutto per travisamento ed erronea valutazione dei fatti.

Ciò anzitutto in relazione alla segnalata contraddizione tra la concessione della preferenza S e la negazione della riserva N, in relazione all'identità dei requisiti richiesti per la relativa attribuzione. Se poi l'Amministrazione avesse ritenuto di non attribuire la riserva a causa della mancata iscrizione nella lista degli invalidi inoccupati, permane il travisamento dei fatti per avere omesso di considerare che la ricorrente non è titolare di alcun rapporto di lavoro a tempo indeterminato e che la procedura selettiva si fonda, per sua natura, sul possesso dello status di docente a tempo determinato dei concorrenti. In violazione dell' art.97 Cost. e del relativo principio di imparzialità dell'azione amministrativa, si è differenziata la situazione della concorrente, docente precaria, da quella dei candidati ai quali, nelle graduatorie, è stata riconosciuta la riserva dal momento che essi, per poter accedere alla procedura con i punteggi posseduti, dovevano assolutamente essere in possesso delle medesime condizioni lavorative. Sussiste perciò anche il vizio di manifesta illogicità del comportamento dell'Amministrazione, che da un lato, valorizza al massimo il possesso di un "enorme" requisito di servizio, e dall'altro lo penalizza favorendo chi non ne abbia ai fini della immissione in ruolo.

Sussiste poi lo sviamento di potere per deviazione del provvedimento dal suo fine istituzionale, atteso che "in materia di procedure concorsuali, il principio di imparzialità si atteggia in modo analogo alla funzione giurisdizionale, posto che in tali procedure non si opera il giusto contemperamento tra interessi pubblici e privati, ma si persegue in pari misura l'interesse pubblico alla scelta del candidato più meritevole ed il coincidente interesse individuale a non essere svantaggiato a causa della parzialità della commissione esaminatrice.

DIRITTO

1. Priva di pregio è l'eccezione di nullità, inammissibilità e improcedibilità dell'appello dedotta con riferimento alla violazione dell' art.345, commi 1 e 2 , c.p.c.. L'Amministrazione appellante, infatti, ha sviluppato dei motivi di gravame che consistono nella contestazione delle argomentazioni in punto di diritto operate nella sentenza impugnata, sicchè non occorre che vi sia una corrispondenza con le deduzioni svolte nelle memorie di primo grado, le quali sono pertinenti ai motivi del ricorso introduttivo, che solo costituisce l'atto a cui fare riferimento per individuare le "domande nuove" improponibili in sede di appello; nel sistema processuale amministrativo, infatti, le difese di primo grado del resistente non vincolano la sua successiva contestazione della decisione sfavorevole, essendo il resistente abilitato a contestare la propria soccombenza in relazione alla portata di quest'ultima quale risultante dal concreto contenuto della decisione di primo grado, senza alcuna preclusione, nelle deduzioni di diritto, derivante dagli argomenti sviluppati in primo grado.

Data la natura interpretativa in diritto delle argomentazioni appellatorie dell'Amministrazione originaria resistente, poi, non è prospettabile tra queste alcuna eccezione in senso stretto ai sensi dell' art.345, comma 2, c.p.c., attinendo oltretutto la cognizione in diritto della controversia all'ambito della piena conoscibilità ex officio del giudice di secondo grado.

2. L'appello principale è accoglibile, con riferimento all'insieme delle motivazioni adottate dal giudice di primo grado, contrastanti l'orientamento consolidato di questa Sezione, dal quale non vi è motivo di discostarsi in questa sede (v. VI 30 novembre 2006, n.7004 e 10 marzo 2003, n.1271 ed altre).

Premesso che la legge n. 68/1999, ai fini delle assunzioni, prevede all'art. 8 e segg. un'apposita procedura che inizia con l'iscrizione degli aspiranti nelle liste di disoccupazione, da certificarsi, poi, al fine del riconoscimento del diritto alla riserva di posto, e che il successivo art. 16, comma 2, della stessa legge dispone che i disabili che abbiano conseguito l'idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti "anche se non versino in stato di disoccupazione", attribuendo al riguardo una potestà discrezionale alla P.A., da esercitarsi anche oltre il limite dei posti riservati nel concorso, il Collegio, conformandosi all'orientamento ormai consolidato della Sezione in subiecta materia, ritiene che tutto ciò non vuol dire che, come affermato dal T.A.R., le riserve di posto di cui agli artt. 1 e 3 non debbano essere connesse allo stato di disoccupazione, il quale deve considerarsi sempre la condizione di base per il loro riconoscimento.

Detta interpretazione della normativa in ordine ai presupposti per il riconoscimento del titolo alla riserva dei posti in favore degli invalidi, d'altronde, è confermata dal dato testuale di cui all'art. 7 della citata legge, che, nell'indicare le modalità delle assunzioni obbligatorie, dispone che, per le assunzioni concorsuali (ex art. 36, comma 1, D.Lgs. n. 29/1993), i lavoratori disabili devono essere iscritti negli elenchi menzionati all'art. 8, comma 2, per poter beneficiare della "riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso", sicché appare evidente che lo stato di disoccupato debba essere posseduto necessariamente, se non altro ai fini di poter beneficiare dell'aliquota di posti a concorso.

Tale norma deve essere intesa, tuttavia, anche come disposizione di carattere generale che indica il requisito della disoccupazione come necessario per poter consentire ai destinatari delle norme sulle assunzioni obbligatorie di partecipare al concorso; rispetto ad essa, invero, l'art. 16, comma 2. cit. riguarda il particolare momento, successivo all'espletamento del concorso, delle assunzioni degli idonei, derogatoriamente svincolate, ai soli fini della copertura della quota di riserva ex art. 3, dalla persistenza della disoccupazione e dal limite dei posti riservati nello specifico concorso. Nei sensi da ultimo qui precisati è, d'altra parte, anche il nucleo fondamentale delle censure mosse nell'appello in esame.

In sostanza, il legislatore del 1999 ha innovato solo per quanto riguarda lo stato di disoccupazione al momento della assunzione, e non a quello della partecipazione; ciò, verosimilmente, per non costringere il disabile disoccupato a rimanere in questo stato sino alla conclusione della procedura concorsuale, la cui durata non è facilmente prevedibile, e anche per risolvere definitivamente la questione, più volte affrontata dalla giurisprudenza con esiti incerti, della precarietà del lavoro svolto al momento della assunzione (si pensi alle supplenze degli insegnanti), la quale precarietà, secondo un orientamento giurisprudenziale non sempre univoco, poteva fare venire meno lo stato di disoccupazione.

Ciò posto, va osservato che lo stesso art. 8 della legge n. 68 del 1999 conforta l'assunto dell'Amministrazione, risultando da tale norma (già nell'incipit del primo comma), laddove si fa riferimento alle persone "di cui al comma 1 dell'art. 1, che risultano disoccupate", che la prevista riserva non è connessa solo allo stato di invalidità del candidato, ma anche al suo stato di disoccupazione.

Come statuito dalla consolidata giurisprudenza formatasi in sede interpretativa della legge n. 482 del 1968 (cui è poi succeduta la legge n. 68 del 1999 sul diritto al lavoro dei disabili), ai fini dell'applicazione del beneficio della riserva dei posti nei pubblici concorsi a favore dei destinatari della citata legge n. 482 è indispensabile lo stato obiettivo di non occupazione dell'interessato; inoltre ha carattere sostanziale il requisito dello stato di disoccupazione, ai fini della partecipazione privilegiata a concorsi presso le P.A., in quanto è il presupposto del beneficio di cui all'art. 12 della legge n. 482 del 1968.

Consegue da quanto precede che la semplice certificazione di invalidità posseduta dall'odierna appellata non era nella specie elemento di per sé sufficiente per comprovare la sussistenza di un presupposto essenziale allo scopo di potere usufruire della riserva.

In conclusione l'art. 16 cit., quando prevede che i disabili partecipanti ai concorsi pubblici possono essere assunti anche se non disoccupati, non è da intendersi nel senso che la riserva "N" (cioè quella dell'art. 8 L. n. 68/1999) non vada più connessa allo stato di disoccupazione (che risulta sempre necessario), ma va visto come norma di carattere generale che consente, in definitiva, con previsione di favore, l'assunzione del disabile non più disoccupato, purché in possesso del requisito all'atto della partecipazione al concorso.

Le argomentazioni che precedono valgono a confutare quanto, sul punto, dedotto dall'appellante incidentale e ricorrente in primo grado, incentrate come sono sulla insistita riferibilità dell' art.16 citato non alla sola fase dell'assunzione, ma anche alla precedente fase della partecipazione alla presupposta procedura concorsuale, tesi smentita dall'interpretazione letterale e sistematica qui ribadita.

4. Ma che l'assunto qui condiviso,- cioè vigenza di un orientamento positivo, derivante dalle predette disposizioni della legge n.68 del 1999, nel senso della permanente rilevanza della disoccupazione, ai fini della fruizione della riserva di cui all'art.7, comma 2, s.l., nella fase di partecipazione alla procedura concorsuale-, sia corretto, e corrispondente al sistema legislativo e costituzionale vigente, è confermato anche dalla sentenza 11 marzo 2006, n.190, della Corte costituzionale, che ha affermato come "anche dopo l'entrata in vigore della L. 12 marzo 1999, n.68, le quote di riserva nelle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni presuppongono lo stato di disoccupazione dell'interessato, essendo solo consentito alle medesime amministrazioni, a mente dell' art.16 della stessa legge, di prescindere da tale stato ove esse ritengano di saturare l'aliquota di riserva anche in deroga al limite percentuale dei posti destinati ai concorsi pubblici".

In diretta connessione col principio così ribadito, ed in perfetto allineamento con la giurisprudenza di questo Consesso, (quindi contrariamente all'avviso della sentenza appellata), la Corte ha poi statuito che "è incostituzionale l'art.8 bis D.L. 28 maggio 2004, n.136, come convertito dalla legge 27 luglio 2004, n.186, nella parte in cui prevede l'applicazione della riserva dei posti ai disabili per il conferimento degli incarichi di presidenza annuale negli istituti scolastici derogando al principio dello stato di disoccupazione, atteso che la tutela dei disabili va assicurata ai soli disoccupati in sede di accesso al lavoro, e non anche ai fini della progressione in carriera dei disabili già occupati, senza contare l'ulteriore disuguaglianza di una previsione stabilita per i soli invalidi occupati nel settore scolastico".

Le riportate statuizioni, risultano assorbenti di ogni altra deduzione sul tema operata dall'appellante incidentale, ribadendo ulteriormente la connessione tra la riserva di posti per i concorsi pubblici e lo stato di disoccupazione, risultante dall'iscrizione agli appositi elenchi di cui all' art.8, comma 2, della legge n.68 del 1999, iscrizione la cui necessità non è in alcun modo delimitabile alla ipotesi dell'avviamento e delle assunzioni obbligatorie, estranee cioè all'espletamento di procedure concorsuali.

5. Né è profilabile un contrasto di giudicati tra quanto univocamente affermato da questa Sezione e la sentenza della Sez.V, 3 ottobre 2002, n.5207, in quanto l'affermazione in quest'ultima operata, relativa alla portata della L.12 marzo 1999, n.168, nel senso che l'art.16, comma 2, prevederebbe l'assunzione dei disabili risultati idonei nei concorsi "anche se non versino in stato di disoccupazione" costituisce un "obiter dictum", (come già evidenziato dalla decisione n.1271 del 2003 di questa Sezione), in quanto tale non influente sul giudicato derivante dalla predetta sentenza, e, per di più, a ben leggere la motivazione della stessa, certamente non volto ad affrontare le specifiche questioni oggetto della presente controversia.

Non si ravvisano pertanto i presupposti per una rimessione all'Adunanza Plenaria della questione fin qui trattata, fatta oggetto di una serie lineare ed univoca di conformi decisioni di questa Sezione, a cui è da aggiungere, semmai, il parere della II Sezione n.11616\2004 del 19 gennaio 2005, che si attesta, in tema di interpretazione del combinato disposto degli art.16, comma 2, e 7, comma 2, della L.n.68\1999, esattamente nei sensi qui ritenuti.

6. Vanno quindi esaminati i motivi di appello "assorbiti" con la sentenza impugnata, che poi coincidono con l'integralità dei motivi dell'originario ricorso introduttivo, atteso che l'accoglimento pronunciato dal Tar non è risultato puntualmente connesso all'esame degli stessi, che potevano comunque essere riproposti con semplice memoria, anche al di fuori della proposizione di un appello incidentale.

6.1. Con riferimento al primo di essi, va subito precisato che non occorreva che il bando per la formazione della graduatoria in questione prescrivesse, ai fini della prova dello stato di disoccupazione, la produzione del relativo certificato, posto che la disciplina che prevede di comprovare, con apposita dichiarazione (certificazione o autocertificazione), lo stato di disoccupazione quale risultante dall'iscrizione negli appositi elenchi, ai sensi degli artt.2 e 4 del D.lgs. 21 aprile 2000, n.181 (come innovati dal D.lgs. 19 dicembre 2002, n.297), nonché delle direttive in tema di relativo accertamento emanate dalle Regioni in attuazione delle disposizioni ora citate, si applica a prescindere dal richiamo ad essa effettuato nelle previsioni della lex specialis concorsuale.

D'altra parte, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante incidentale, e smentendo in fatto la censura in esame, il modulo di partecipazione alla procedura di "aggiornamento" della graduatoria in questione, allegato al bando, precisava, nelle note in calce, punto 33, proprio in relazione alla sezione H qui in rilievo, "nel caso di riconferma del precedente stato di categoria riservataria, l'interessato deve solo barrare l'apposita casella; nel caso di situazione sopraggiunta l'interessato deve anche indicare gli estremi del documento di attribuzione dei titoli di riserva e dello stato di disoccupazione".

E tale indicazione va ragionevolmente intesa nel senso che anche la "situazione sopraggiunta" in senso preclusivo, quale la perdita del richiesto stato di disoccupazione, andasse comunicata, quantomeno in base ad autocertificazione, in relazione all'esigenza, da considerare immanente e riferibile anche al diritto di riserva fatto valere per la prima volta in sede di procedura concorsuale, di possesso attuale dei requisiti del beneficio connessa all'autonomia della procedura in questione, come verrà più oltre precisato.

Quindi, l'attuale appellante incidentale aveva, secondo l'allegato al bando, l'onere di quantomeno indicare gli estremi del documento di attribuzione dello stato di disoccupazione; mancando tale indicazione, già la disciplina concorsuale non consentiva il riconoscimento della riserva in parola.

Nei sensi qui precisati si era già attestata la consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, che ha costantemente affermato che lo stato di disoccupazione necessario per fruire in un pubblico concorso del beneficio della riserva di posti va accertato e documentato tramite i competenti uffici per l'impiego, a mezzo delle iscrizioni- che hanno carattere costitutivo- dagli stessi effettuate negli appositi elenchi (VI Sez., 12 febbraio 2001, n.632, 24 ottobre 2000, n.5687, e, tra l'altro, V Sez., proprio con la già citata sentenza 3 ottobre 2002, n.5207).

Sulla scorta della questione ora chiarita si comprende, contrariamente a quanto si ostina a sostenere l'appellante incidentale, la ragione per la quale è stata riconosciuta la preferenza "S", non ancorata alla necessità di comprovare l'iscrizione agli elenchi di disoccupazione, bastando la prova della condizione di invalidità, a differenza della qualità di riservatario (riserva c.d. "N") qui in rilievo che, come ampiamente chiarito finora, necessita che siano attestati, mediante dichiarazione conforme alle risultanze delle iscrizioni nelle apposite liste, non solo la condizione di invalidità, ma anche, appunto, l'iscrizione negli elenchi degli inoccupati con riferimento alla scadenza della domanda di partecipazione alla procedura concorsuale.

Priva di pregio risulta perciò la censura di contraddittorietà e disparità di giudizio dedotta dall'originaria ricorrente, essendo proprio errato il presupposto da cui essa muove, cioè la identità dei requisiti richiesti per il riconoscimento dei distinti benefici in questione.

6.2. Va poi confutato l'ulteriore profilo del motivo in esame, per cui la giurisprudenza di cui alla decisione di questa Sezione n.1271 del 2003 non sarebbe "applicabile" al caso di specie, poiché il caso considerato riguardava la possibilità che potesse "usufruire della riserva di posti, nel concorso pubblico, la candidata che, nella qualità di invalida civile, avesse già fruito dell'assunzione obbligatoria presso altra amministrazione alle cui dipendenze prestava già da tempo stabilmente servizio". Il requisito della disoccupazione andrebbe, secondo tale censura, necessariamente inteso come assenza di rapporto a tempo indeterminato. Parte appellante non è titolare di alcun contratto a tempo indeterminato ma è stata solo avviata al lavoro attraverso il conferimento di incarichi temporanei da parte della stessa Amministrazione.

Osserva il Collegio che la questione se lo stato di disoccupazione possa permanere anche in concomitanza di una "supplenza temporanea", o più precisamente, come pare nel caso, di una supplenza inferiore alla durata annuale, non essendovi, nella sostanza, i caratteri di continuità e tendenziale stabilità, è stata già affrontata "funditus" da questa Sezione, che lo ha risolto in senso negativo sottolineando il decisivo rilievo che assume la previsione legale che connette il diritto a riserva all'iscrizione negli elenchi, cioè a una registrazione a carattere costitutivo, e non ad uno stato di disoccupazione soggettivamente percepito dall'interessato al di fuori del concetto legale risultante dalla disciplina specifica in materia.

Con decisione 12 febbraio 2001, n.632, infatti è stato precisato che la perdita, per intervenuta cancellazione, o comunque il diniego, (ai fini in discussione la rilevanza delle due ipotesi è la stessa), della iscrizione negli elenchi "dei disabili che risultano disoccupati", comporta la non fruibilità della riserva di posti nei pubblici concorsi.

Al fine di godere del beneficio, infatti, è indispensabile non solo lo stato obiettivo di non occupazione, ma anche l'iscrizione nelle liste di collocamento, che ha carattere costitutivo, sicchè la mancata iscrizione, disposta (nel caso esaminato dal precedente qui richiamato) ai sensi dell' art.10 della legge 28 febbraio 1987, n.56, in caso di supplenza temporanea di durata superiore a 120 giorni, preclude la possibilità di essere assunti come riservatari.

Tale indirizzo conserva la sua condivisibilità pur a fronte dell'abrogazione dell'art.10 citato, posto che nella disciplina sostitutiva attualmente dettata dall' art.4 del D.lgs. n.181 del 2000, (nella formulazione risultante dall'interpolazione di cui al D.lgs.n.297 del 2002), i competenti servizi delle Regioni accertano la perdita dello stato di disoccupazione in caso di lavoro temporaneo con durata del contratto a termine superiore ad "almeno otto mesi" (come si ritrae dall' art.4, citato, comma 1, lett.c); ma si veda pure la lett.d) che dispone la "sospensione" dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani).

Si consideri che, nel caso, la originaria ricorrente aveva instaurato un rapporto di lavoro a tempo determinato per il periodo dal 29 settembre 2004 al 31 agosto 2005, quindi di sicuro eccedente otto mesi, incorrendo dunque nella suddetta previsione dell'art. 4, comma 1, lett.c).

Alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale qui richiamato, attualizzato nella sua applicabilità con riferimento alla succitata disciplina sopravvenuta, va ritenuta l'irrilevanza delle deduzioni dell'appello incidentale in esame, posto che la inattribuibilità alla ricorrente dello stato di disoccupazione discende dalla legislazione specifica in materia di liste ed elenchi, senza che possano avere ingresso considerazioni sulla natura, continuità e sul grado di sostanziale stabilità del rapporto di lavoro considerato preclusivo in base alla valutazione del legislatore.

Da quanto precede discende che non è condivisibile la surriferita tesi dell'appellante incidentale in ordine alla non applicabilità della giurisprudenza formatasi sull'ipotesi della non fruibilità della riserva da parte di chi abbia già ottenuto un precedente impiego a tempo indeterminato presso la p.a., considerato che quello che rileva, ai fini dell'applicazione del combinato disposto degli art.16 e

7 della legge n.68 del 1999 come qui interpretato, è che, quale che ne sia la causa specifica, l'invalido non possegga il requisito dell'iscrizione negli elenchi, a seguito della mancata o perduta iscrizione a carattere costitutivo da parte della competente amministrazione, e che pertanto sia privo dell'essenziale requisito legale della disoccupazione riferito alla fase ammissiva della procedura concorsuale.

In altri termini, la mancata iscrizione, in dipendenza di un occupazione stabile ovvero a tempo determinato per durata non inferiore ad otto mesi, è l'elemento qualificante della preclusione a fruire della riserva, come in effetti espressamente si desume dal tenore dell' art.8, comma 2, ultima parte della L.n.68\1999, non essendo consentito al giudice amministrativo, investito della controversia inerente al mancato riconoscimento della riserva stessa in sede di impugnazione della graduatoria, sindacare il diniego di iscrizione alla cui constatazione è seguito il mancato riconoscimento della qualità di riservatario da parte dell'Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale, in termini applicativi di una determinazione legale imputabile agli uffici per l'impiego, che l'interessata avrebbe dovuto semmai a suo tempo contestare in via autonoma.

E dunque l'Amministrazione non poteva riconoscere lo stato di disoccupazione alla data della domanda di trasferimento-aggiornamento di cui trattasi in contrasto con le (od in assenza delle) certificazioni del Centro per l'Impiego. Tale riconoscimento, come ribadisce anche la giurisprudenza di primo grado (Tar Lazio, Sez. III bis, 21 giugno 2006, n.5034), potrebbe invero scaturire solo a seguito di azione specifica dell'interessata, che nella specie non risulta esperita, di contestazione nelle dovute sedi giurisdizionali, del certificato rilasciato dal competente Ufficio o del diniego di attestazione.

E se anche, poi, si volesse considerare la posizione soggettiva al riguardo del soggetto interessato alla stregua di un diritto soggettivo, non sembra al Collegio di poterne comunque in questa sede conoscere. Ed invero, deve sottolinearsi che il potere del giudice amministrativo, ex art. 8 L. n. 1034/71, di pronunciarsi in via incidentale sui diritti soggettivi non può sconfinare "nella tutela dei diritti" riservata all'Autorità Giudiziaria Ordinaria (cfr: CdS, IV, 11.2.2003, n. 736; V, n. 700 del 4.5.1995), per cui, nella specie, trattandosi di operare valutazioni in contrasto con risultanze certificative con valore costituivo di posizioni soggettive, si sarebbe in presenza non di una questione "incidentale" ma di una "causa incidentale", sottratta alla giurisdizione amministrativa.

Il parere II Sezione 11616\2004, dianzi richiamato, non soccorre per inficiare quanto qui ritenuto, poiché lo stesso, esplicitamente lamenta che, nel formulare il quesito su tale punto specifico, l'Amministrazione non aveva saputo indicare la disciplina normativa da cui ricavare un limite di durata del lavoro a tempo determinato superato il quale si può ritrarne il venir meno del requisito della disoccupazione, disciplina che, invece, è stata in questa sede individuata e precisata nei suoi riflessi sul diritto alla riserva. Per altro verso, poi, il citato parere non considera l'arresto giurisprudenziale di questa Sezione n.632 del 2001, che viene citato ma non correttamente individuato nel suo contenuto (viene infatti accomunato al filone giurisprudenziale che faceva venir meno lo stato di disoccupazione solo a seguito di supplenza di durata annuale, in parte coevo a quello qui condiviso, cfr; VI 12 febbraio 2001, n.674)), considerazione che ben avrebbe potuto implicare anche un diverso esito del parere medesimo.

6.3. Circa quanto, con ulteriore profilo, diffusamente dedotto nel motivo di appello incidentale in esame, per cui sarebbe illogico che lo stato di disoccupazione fosse, in base al modello di domanda, da dimostrare "all'atto della prima inclusione in graduatoria permanente ovvero all'atto del presente aggiornamento" va precisato che, in linea di massima, le procedure di assunzione attraverso graduatorie permanenti, sebbene avviate con una domanda (o in un momento) iniziale, costituiscono forme di selezione poi temporalmente frazionate in anni scolastici di riferimento diversi e ben delimitati.

Per ognuno di tali periodi possono cambiare le posizioni soggettive, i titoli ed i punteggi dei singoli concorrenti, nonché, da un anno all'altro, come si è anche verificato nella pratica, le regole di selezione e graduazione dei concorrenti stessi. Ora, in una situazione di questo genere, non sembra illogico ritenere che in qualche modo si tratti, pur nella "permanenza" della graduatoria, di procedure concorsuali diversificate, e dotate di una certa autonomia rapportabile ai diversi periodi temporali intercorrenti tra un aggiornamento e l'altro. E d'altra parte, ricollegare l'operatività della riserva, nelle procedure in questione, ad un requisito (disoccupazione) in ipotesi venuto meno da anni e solo perché sussistente al momento della prima inclusione in graduatoria, sembra forma di eccessiva tutela del diritto al lavoro del disabile, a scapito dell'esigenza dell'Amministrazione di selezionare i soggetti maggiormente meritevoli e dell'aspettativa stessa degli altri disabili ancora disoccupati al reperiment di un posto di lavoro.

Nello specifico, ed anche a prescindere da quanto sopra, va poi tenuto presente che il D.D.G. 31.3.2005, emesso in attuazione della legge n. 143/2004, ha significativamente innovato il meccanismo delle graduatorie permanenti, disponendo anzitutto la durata biennale ( aa.ss. 2005/06 e 2006/07) e non più annuale dei relativi aggiornamenti ed integrazioni. E poi, ha soprattutto stabilito, a norma dell'art. 1 comma 1 bis della legge n. 143/2004, che "la permanenza nelle graduatorie" in questione ora "avviene su domanda dell'interessato, da presentarsi entro il termine indicato al successivo art. 12" e che "la mancata presentazione della domanda comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi" (art. 1 comma 2 DDG 31.3.2005). In presenza di tali disposizioni, appare dunque arduo sostenere (anche ai fini che qui interessano) l'unicità della procedura concorsuale e non invece il frazionamento di essa in tante procedure diverse ciascuna di durata biennale ed attivata da una domanda del soggetto interessato. (cfr; Tar Lazio 5034\2006 citata).

In conclusione, data la rilevata autonomia delle procedure in questione, quanto indicato dal modello di domanda si risolve nell'esigenza che, anche in occasione della procedura in questione, lo stato di disoccupazione sia comunque provato ove sia intervenuta, sotto questo profilo, una variazione rispetto alla situazione della prima inclusione in graduatoria.

Non è pertanto configurabile una "penalizzazione" della ricorrente rispetto "a chi si fosse trovato in stato di disoccupazione solo all'atto dell'aggiornamento" e non anche in occasione del primo inserimento, essendo entrambi in ogni caso tenuti a comprovare detto stato in termini di attualità rispetto alla specifica procedura per cui è contestazione.

7. Da quanto finora esposto deriva anche che non sussistono i profili di illegittimità costituzionale dedotti dall'appellante incidentale. Non è dalla disciplina della legge 86 del 1999 che discende un'eventuale disparità di trattamento, anche ai fini dell'uguaglianza nell'accesso concorsuale ai pubblici uffici, tra la situazione di chi, per mera avventura, si vedrebbe riconosciuta la riserva, in quanto iscritto per la prima volta in graduatoria e non destinatario di incarichi di supplenza ovvero in quanto abbia deliberatamente evitato di assumere delle supplenze, e la situazione della ricorrente, che ricevendo "solo" incarichi a tempo indeterminato, sarebbe precaria e priva di stabilità ma esclusa dalla riserva.

In realtà le situazioni considerate sono differenziate e non accomunabili proprio in base alla disciplina in tema di iscrizione negli elenchi, in particolare in base ai citati artt.2 e 4 del D.lgs. n.181 del 2000, perché è a tale disciplina che va fatta risalire la definizione del requisito della disoccupazione che, secondo la discrezionale valutazione del legislatore, accomuna al disoccupato in senso stretto chi abbia un rapporto a tempo determinato di una certa durata prestabilita.

Tale disciplina costruisce, come s'è visto, un concetto "legale" di disoccupazione valevole per la generalità e la eventuale discriminazione delle posizioni sopra indicate non discende dalla disciplina del combinato disposto degli artt.16, comma 2, e 7, comma 2, della legge n.86 del 1999, che solo si limita a richiamare l'esigenza dell'iscrizione agli elenchi speciali degli invalidi inoccupati ai sensi dell'art.8 s.l., ma non determina le varie ipotesi di occupazione considerate ostative all'iscrizione.

In definitiva, le disposizioni della legge n.86\1999 appaiono pienamente razionali e non discriminatorie nel distinguere la posizione di chi abbia uno status di inoccupato e sia dunque meritevole del beneficio della riserva da quella di chi non goda di tale requisito in quanto non iscritto o iscrivibile negli appositi elenchi, come conferma anche la sentenza della Corte costituzionale più sopra richiamata.

Che poi i criteri di iscrizione ricavabili dall'apposita e distinta disciplina sopra indicata siano discriminatori, o meno, è questione che può essere sollevata laddove venga in rilievo l'ammissione o meno agli elenchi, e, quindi, in sostanza, la contestazione eventualmente portata avverso l'atto che la nega in base ai criteri indicati dal D.lgs.n.181 del 2000, potendosi in tale occasione eccepire che il criterio del legislatore che equipara il lavoratore a tempo indeterminato a quella del temporaneamente occupato per un periodo di una certa consistenza, sia irragionevole e discriminatorio ai sensi degli artt.3, 4, 51 e 97 Cost., anche ai fini della fruizione della riserva in questione (per quanto, invero, il criterio appaia dotato di sufficiente ragionevolezza).

Ma non avrebbe rilevanza sollevare la questione così posta in questa sede, poiché gli accertamenti a carattere costitutivo che, laddove operino in senso preclusivo dell'iscrizione agli elenchi di disoccupazione, parte ricorrente ha interesse a rimuovere, non potrebbero essere censurati o disapplicati in questa sede, permanendo l'efficacia di tali dinieghi ai fini della presente controversia, pur in presenza della ipotetica caducazione della norma su cui si fondano, non essendo in questa sede contestati; e ciò costituisce il corollario del fatto che le graduatorie in questione non hanno fatto applicazione della legislazione del D.lgs.n.181 del 2000, limitandosi a prendere atto delle distinte determinazioni degli uffici per l'impiego.

8. Le considerazioni finora svolte ricomprendono la confutazione delle censure di eccesso di potere sollevate con l'ulteriore motivo di appello incidentale indicato in narrativa sub. III e IV, essendo già stato chiarito che non possono accomunarsi quanto a requisiti legali di riconoscimento la riserva ex art.7, comma 2, L.n.86\1999, "N" e la preferenza "S" valevole per gli invalidi idonei a parità di posizione in graduatoria con idonei non appartenenti a categorie protette.

Neppure può sostenersi che occorresse una particolare motivazione del mancato riconoscimento della riserva in questione, al di fuori della esclusione risultante dalle indicazioni complessive delle graduatorie impugnate, atteso che tale mancato riconoscimento è atto vincolato, discendente dal mero riscontro della presenza o meno dei requisiti di legge, cioè stato di invalidità e iscrizione negli elenchi.

Il rilievo della natura vincolata del riconoscimento della riserva esclude poi che possano in ipotesi configurarsi profili sintomatici dell'eccesso di potere quali il travisamento e l'erronea supposizione dei fatti o lo sviamento, in relazione al preteso carattere irragionevole della mancata considerazione del carattere "precario" della situazione lavorativa della ricorrente, apprezzamento precluso all'Amministrazione dal riscontro della mancata iscrizione negli elenchi, e per la verità precluso anche agli uffici competenti all'iscrizione stessa, rispetto ai quali le ipotesi legali di cui al citato art.4 del D.lgs.n.181 del 2002 non lasciano margini di scelta discrezionale, ma solo un potere vincolato di accertamento in fatto delle ipotesi medesime, per quanto avente gli evidenziati effetti costitutivi.

9. In conclusione, va accolto l'appello principale e respinto l'appello incidentale, rectius, respinti integralmente i motivi dedotti in primo grado. L'incertezza della materia, contrassegnata da una disciplina di estrema complessità giustifica la compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe, respinge l'appello incidentale, annullando per l'effetto la sentenza impugnata.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 27.2.2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI.

(...)

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 18/04/2007